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Dalla lavra a Loreto. Inseguendo una parola travisata. Acqua, pietra, sacralità diffusa
€ 15,00
Dettagli
FORMATO | Brossura |
EDITORE | Edizioni ETS |
EAN | 9788846770790 |
ANNO PUBBLICAZIONE | 2025 |
CATEGORIA | |
COLLANA / SERIE | Parvae Mousai |
LINGUA | ita |
Descrizione
Da un sasso può generarsi una frana: per azione di forze naturali, di cui l'acqua, nei suoi vari stati, è visibilmente protagonista. Certo, l'esperienza di disastri subíti ha dato modelli alla tecnica. Il concetto di «lavoro» - labor come sostantivo latino, che i comparatisti confrontano in altre lingue - ha attraversato fasi, fino alla dignità sancita a metà del XX secolo. È stato l'«attrito che consuma», a partire dall'acqua, che labitur, «scivola», ma anche «corrode»; e «ravaneti» sono i canaloni, naturali ma alimentati dagli scarti del "cavar pietra". Da questo antefatto, il saggio si affissa su una rosa di termini, al cui centro sta «Loreto», denominazione diffusa, in cui gli esperti vedono l'omaggio al culto mariano praticato nel noto santuario delle Marche. E certo quel culto ha molto influito: l'apice coincise con il 1683, alla liberazione di Vienna, cresciuto intorno all'agiografia di San Nicola da Tolentino, morto nel 1305, santificato nel 1446. Ma se un toponimo risulta anteriore? Tale è il «Loretino» di San Miniato: punto di partenza del saggio. L'ipotesi proposta è che un sistema di assettare per la collettività luoghi, da presumere come «lavra» o sue variazioni, sia stato impiegato dall'antichità, finché superato dalle tecniche moderne. Quell'impiego valse solo per l'Occidente? Il termine «lavra», o «laura» esibito dal monachesimo assicura di no: e fa meditare su come sacro e umano si tocchino. Qui comunque l'autrice sospende lo scavo.