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Descrizione
«Ogni arte e ogni indagine, al pari dell'azione e della scelta, si è dell'avviso che mirino a un qualche bene. Per questo, appropriatamente, il bene è stato detto 'ciò cui tutto mira'.» È a partire da queste parole che il lettore dell'Etica Nicomachea si accosta a quella che Aristotele chiamerà alla fine dell'opera la 'filosofia delle cose umane'. I termini, però, si lasciano anche variare, a significare che in questo luogo è la filosofia ad accostare il lettore per metterlo in questione in quanto uomo. Ovvero che, da qui in poi, il lettore è invitato a farsi filosofo per comprendersi come uomo. Ma come già quell'esordio implicitamente suggerisce, comprendersi come uomo è aprirsi all'esperienza enigmatica del bene e della felicità per sostenerla in forma di parola. Individuando in questo il motivo generatore del discorso aristotelico, Mauro Nobile avvia un'analisi della posizione dello Stagirita scoprendovi la sollecitazione a pensare le linee di un'etica del finito chiamata ad accettare le ineludibili condizioni di finitezza dell'etica stessa.